Andrea Pazienza, trent’anni senza
“Mi chiamo Andrea Michele Vincenzo Ciro Pazienza. Ho la patente da sei anni, ma non ho la macchina. Quando mi serve, uso quella di mia madre, una Renault 5 verde. Dal ’76 pubblico su alcune riviste. Disegno poco e controvoglia. Mio padre, anche lui svogliatissimo, è il più notevole acquerellista ch’io conosca. Io sono il più bravo disegnatore vivente. Amo gli animali, ma non sopporto di accudirli. Morirò il sei gennaio 1984”. (da Paese Sera, 4 gennaio 1981).
Sfiorò per un attimo la predizione esatta della sua morte, Andrea Pazienza. Fumettista e pittore, nonché insegnante e fondatore del compianto mensile “Frigidaire”, se ne è andato che era davvero troppo presto, il 16 giugno del 1988. A soli 32 anni, e chissà quanto altro ancora da dire, per uno che raccontava da dentro, e che con carta e matita in mano ci era nato veramente. Rappresentante unico e inimitabile di se stesso e artista eclettico dalla maniera fulminea, a parlarci di lui restano le sue creature predilette, l’immaginario Zanardi, e Pentothal, personaggio narrante di quella Bologna della contestazione, perché come disse un giorno Pier Vittorio Tondelli: “Pazienza è riuscito a rappresentare, in vita e anche in morte, il destino, le astrazioni, la follia, la genialità, la miseria, la disperazione di una generazione che solo sbrigativamente, solo sommariamente chiameremo quella del ’77 bolognese”.
Che i più giovani devono farsi un’idea di chi era Paz. E al Mattatoio di Roma, fino al 15 luglio, ne avranno la possibilità, visitando un’esposizione che lo celebra degnamente, con l’intento di divulgare la sua opera geniale e sregolata. Nell’anno che segna il trentennale della prematura scomparsa, ARF! Festival di storie, segni e disegni – giunto alla sua quarta edizione – e Napoli Comicon, presentano “Andrea Pazienza, trent’anni senza”, un omaggio intenso che raduna più di cento opere gentilmente concesse dai fratelli e dalla moglie Marina Comandini.
Accanto ai fumetti, brevi incursioni nel Paz vignettista e illustratore, con alcune delle sue opere più iconiche, cosi come qualche rarità: layout, testi scritti e sketch, rinvenuti tra le cartelle del suo immenso archivio. Promossa da Roma Capitale – Assessorato alla Crescita Culturale, Azienda Speciale Palaexpo, la mostra propone una ricca selezione di opere, da Aficionados a Tormenta, passando per La leggenda di Italiano Liberatore, alle caricature disneyane di Perché Pippo sembra uno sballato. E poi ancora dalle tavole a colori di Campofame che uccise la morte in tre canti, all’incompiuto Storia di Astarte e al meraviglioso Pertini – “l’ultimo esemplare di una razza di uomini duri ma puri come bambini” – fino al memorabile graphic novel Gli ultimi giorni di Pompeo, testamento artistico e concentrato ultimo ed enfatico di maturità artistica e letteratura disegnata, dall’effetto tragico e straniante.
Un percorso espositivo e antologico che ospita e raccoglie bozzetti, vignette e l’esordio di Pentothal, nelle strordinarie avventure dei primissimi anni ’80, ricomponendone, se possibile, in un unico luogo, l’eredità stilistica e creativa, e rivelando il più grande pannello mai realizzato, scoperto a casa del regista Matteo Garrone. Un altro inedito: il ritratto originale a colori del compagno di storie Stefano Tamburini, co-fondatore della rivista “Cannibale”, nonché della già citata “Frigidaire”, e artista dimenticato, al quale Pazienza sopravvisse fatalmente solo per una manciata di anni.
Erika Di Giulio